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sabato 27 agosto 2011

"LENTAMENTE MUORE " poesia di PABLO NERUDA




Pablo Neruda nel 1966



Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine, ripetendo ogni
giorno gli stessi percorsi, chi non cambia la marca, chi non
rischia e cambia colore dei vestiti, chi non parla a chi non conosce.

Muore lentamente chi evita una passione, chi preferisce il nero su
bianco e i puntini sulle "i" piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi, quelle che fanno di uno
sbadiglio un sorriso, quelle che fanno battere il cuore davanti
all'errore e ai sentimenti.

Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice sul
lavoro, chi non rischia la certezza per l'incertezza, per inseguire un
sogno, chi non si permette almeno una volta nella vita di fuggire ai
consigli sensati. Lentamente muore chi non viaggia, chi non legge, chi
non ascolta musica, chi non trova grazia in se stesso. Muore lentamente
chi distrugge l'amor proprio, chi non si lascia aiutare; chi passa i
giorni a lamentarsi della propria sfortuna o della pioggia incessante.

Lentamente muore chi abbandona un progetto prima di iniziarlo, chi non
fa domande sugli argomenti che non conosce, chi non risponde quando gli
chiedono qualcosa che conosce.

Evitiamo la morte a piccole dosi, ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di
respirare.
Soltanto l'ardente pazienza porterà al raggiungimento di una splendida
felicità.

martedì 16 agosto 2011

Giovanni Chiola : La feste a Santi Rocche







Ecco un'altra poesia dialettale di Giovanni Chiola, tratta dal volume "Li feste arcunusciute".
Questa è dedicata alla festa di San Rocco che proprio oggi si celebra a Loreto nella chiesa di Santa Maria in Piano , meglio conosciuta come la chiesa di Santi Rocche.


Dallu stipune arposte nalla Cchiese
-erette a Monumente Nazionale-
si cacce Santi Rocche nallu mese
d'aoste; fa la scite pi li viale

fin'alli Cappuccine e dapò arcale
'n mezz'alli live 'nfacci'allu paese
che pianche la culline 'guale 'guale.
Té lu cappelle sulle spall'appese

e scopre la firite nalla cosse;
passe diritte 'nchi lu can' appresse
e vede li magagne di la ggente:

che appena di la croce fa la mosse
pi vizie, si no manche s'arvutesse.
Pronte sultante  alli divertimiente

la ggiuventù   nin sente
la fede lu miracule e li Siente:
sultante quand'è viecchie s'aripente.



sabato 13 agosto 2011

13 agosto1961 : costruzione del MURO DI BERLINO





La foto, presa dal sito Berlin.de, riprende Bernauer Strasse dall'alto. E' stato evidenziato il tracciato del muro. Sulla sinistra dell'immagine c'è Berlino est.

Nella notte tra il 12 e il 13 agosto di 50 anni fa veniva eretto il muro di Berlino.
La città si ritrovò improvvisamente divisa in due e per 28 anni, fino al 9 novembre del 1989, il mondo ha assistito ai tentativi di fuga dei cittadini dell'est verso il settore ovest della città.
Tentativi a volte andati a buon fine, altre volte no; 137 persone sono morte nel tentativo di fuggire verso la libertà o per ritrovare i parenti che erano rimasti al di là del muro, un muro lungo 43 chilometri.
Almeno 5000 persone hanno tentato la fuga , anche con i metodi più fantasiosi.
L'ultimo morto, 8 marzo 1989, è fuggito con una mongolfiera, da lui stesso costruita,che si è schiantata a Berlino ovest.
Sulla Bernauer Strasse, la via tagliata in due dal muro, si trova oggi il mausoleo dedicato ai caduti.
Quello che rimane del "muro della vergogna" è diventato  un simbolo di pace.

Foto presa da Wikipedia- Un pezzo del muro di Berlino collocato davanti alla sede del Parlamento europeo a Bruxelles


sabato 6 agosto 2011

Castel del monte (Andria) - Mostra di Giorgio De Chirico "Il labirinto dell'anima"



La splendida cornice di Castel del monte, provincia di Andria in Puglia, accoglie fino al 28 agosto la mostra di De Chirico "Il labirinto dell'anima".
Giorgio De Chirico, nato in Grecia nel 1888 da un'agiata famiglia e morto a Roma nel 1978, è stato il principale esponente della pittura metafisica.
Il termine "metafisico" fu coniato dallo scrittore francese Apollinaire che aveva recensito una sua mostra a Parigi.
De Chirico è stato anche scultore, incisore, scenografo e scrittore. Grande esponente della cultura italiana del 900, il pittore  ha  festeggiato i suoi 90 anni  in Campidoglio alla presenza delle più alte autorità dello stato.







Nelle quattro sale del piano terra e nel cortile ottogonale del castello sono esposti 17 dipinti e tre sculture.
Il castello,( la cui funzione è, ancora oggi, avvolta nel mistero), è affascinante e enigmatico, il luogo ideale per accogliere questi capolavori del pittore "metafisico", sempre alla ricerca della conoscenza in un mondo in cui l'uomo è solo un " manichino ". Il manichino è simbolo dell'uomo automa contemporaneo e a De Chirico fu ispirato dal dramma scritto dal fratello "L'uomo senza volto". Il manichino rappresenta la devitalizzazione, è una forma presa dalla vita ma di vita è assolutamente priva.
I manichini di De Chirico sono privi di movimento, congelati in forme geometriche, senza tempo.
Tra le opere esposte si possono ammirare olii quali Il ritorno di Ulisse, Piazza d'Italia, La torre, La tristezza di primavera, Il poeta e il pittore.
Nel cortile ottogonale è esposta anche  la statua bronzea "L'abbraccio di Ettore e Andromaca", alta 2 metri e 30 centimetri.








La monumentale scultura è un esemplare di recente fusione fatta realizzare dalla fondazione De Chirico in due copie.
La composizione riproduce  un modello in gesso realizzato dal pittore nel 1966.
La scultura è composta da due manichini dechirichiani, ma ormai del tutto umanizzati, teneramente avvinti in un ultimo disperato abbraccio, l'ultimo addio tra due sposi che si amano e che sanno che il fato inevitabilmente li dividerà.
La scultura affascina il visitatore che sente tutta la drammaticità dell'abbraccio angosciato di Andromaca al marito Ettore, armato di tutto punto per affrontare in duello Achille, al quale ha ucciso in battaglia l'amico Patroclo.
Ammirando questo capolavoro non si può non ricordare i versi di Omero nell'Iliade, quando descrive appunto questo addio che ha fatto commuovere generazioni di studenti.

Ecco le parole che Omero mette sulle labbra di Andromaca che, dopo aver ricordato le sciagure che gli Achei hanno inflitto alla sua famiglia, così dice :

Or mi resti tu solo, Ettore caro,
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito. Deh! abbi dunque
di me pietade, e qui rimanti meco,
a questa torre, nè voler che sia
vedova la consorte, orfano il figlio.

aaedova la consorte, orfano il figlioOr mi resti tu solo, Ettore caru padre mio, tu madre, tu fratelloflorido marito. Abbi deh! dunquedi me pietade, e qui rimanti mea questa torre, né voler che siavedovaonsortefano ifiglio
Lo sfogo della donna è lungo e pieno di angoscia e alla fine Ettore impietosito la guarda con tenerezza  e dolore e l'accarezza con queste parole:

Oh!  diletta mia, ti prego; oltre misura
non attristarti a mia cagion. Nessuno,
se il mio punto fatal non giunse ancora,
spingerammi a Pluton: ma nullo al mondo,
sia vil, sia forte, si sottragge al fato.
Or ti rincasa, e a’ tuoi lavori intendi,
alla spola, al pennecchio, e delle ancelle
veglia su l’opre; e a noi, quanti nascemmo
fra le dardanie mura, a me primiero
lascia i doveri dell’acerba guerra.

Poi raccoglie il suo elmo e se ne va verso il suo destino, mentre Andromaca, con in braccio il figlioletto Astiananatte, torna alla  reggia, girandosi indietro e piangendo dolorosamente. 

De Chirico, fin dal 1917, era rimasto affascinato da questo tema epico, realizzando diverse opere con i due personaggi omerici.
Ettore e Andromaca nelle opere di De Chirico sono due figure fuori del tempo, due manichini senza volto, simboleggianti il distacco straziante al momento dell'addio che ogni essere umano, purtroppo, è destinato a provare.