La splendida cornice di Castel del monte, provincia di Andria in Puglia, accoglie fino al 28 agosto la mostra di De Chirico "Il labirinto dell'anima".
Giorgio De Chirico, nato in Grecia nel 1888 da un'agiata famiglia e morto a Roma nel 1978, è stato il principale esponente della pittura metafisica.
Il termine "metafisico" fu coniato dallo scrittore francese Apollinaire che aveva recensito una sua mostra a Parigi.
De Chirico è stato anche scultore, incisore, scenografo e scrittore. Grande esponente della cultura italiana del 900, il pittore ha festeggiato i suoi 90 anni in Campidoglio alla presenza delle più alte autorità dello stato.
Nelle quattro sale del piano terra e nel cortile ottogonale del castello sono esposti 17 dipinti e tre sculture.
Il castello,( la cui funzione è, ancora oggi, avvolta nel mistero), è affascinante e enigmatico, il luogo ideale per accogliere questi capolavori del pittore "metafisico", sempre alla ricerca della conoscenza in un mondo in cui l'uomo è solo un " manichino ". Il manichino è simbolo dell'uomo automa contemporaneo e a De Chirico fu ispirato dal dramma scritto dal fratello "L'uomo senza volto". Il manichino rappresenta la devitalizzazione, è una forma presa dalla vita ma di vita è assolutamente priva.
I manichini di De Chirico sono privi di movimento, congelati in forme geometriche, senza tempo.
Tra le opere esposte si possono ammirare olii quali Il ritorno di Ulisse, Piazza d'Italia, La torre, La tristezza di primavera, Il poeta e il pittore.
Nel cortile ottogonale è esposta anche la statua bronzea "L'abbraccio di Ettore e Andromaca", alta 2 metri e 30 centimetri.
La monumentale scultura è un esemplare di recente fusione fatta realizzare dalla fondazione De Chirico in due copie.
La composizione riproduce un modello in gesso realizzato dal pittore nel 1966.
La scultura è composta da due manichini dechirichiani, ma ormai del tutto umanizzati, teneramente avvinti in un ultimo disperato abbraccio, l'ultimo addio tra due sposi che si amano e che sanno che il fato inevitabilmente li dividerà.
La scultura affascina il visitatore che sente tutta la drammaticità dell'abbraccio angosciato di Andromaca al marito Ettore, armato di tutto punto per affrontare in duello Achille, al quale ha ucciso in battaglia l'amico Patroclo.
Ammirando questo capolavoro non si può non ricordare i versi di Omero nell'Iliade, quando descrive appunto questo addio che ha fatto commuovere generazioni di studenti.
Ecco le parole che Omero mette sulle labbra di Andromaca che, dopo aver ricordato le sciagure che gli Achei hanno inflitto alla sua famiglia, così dice :
Or mi resti tu solo, Ettore caro,
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito. Deh! abbi dunque
di me pietade, e qui rimanti meco,
a questa torre, nè voler che sia
vedova la consorte, orfano il figlio.
aaedova la consorte, orfano il figlioOr mi resti tu solo, Ettore caru padre mio, tu madre, tu fratelloflorido marito. Abbi deh! dunquedi me pietade, e qui rimanti mea questa torre, né voler che siavedovaonsortefano ifiglio
Lo sfogo della donna è lungo e pieno di angoscia e alla fine Ettore impietosito la guarda con tenerezza e dolore e l'accarezza con queste parole:
Oh! diletta mia, ti prego; oltre misura
non attristarti a mia cagion. Nessuno,
se il mio punto fatal non giunse ancora,
spingerammi a Pluton: ma nullo al mondo,
sia vil, sia forte, si sottragge al fato.
Or ti rincasa, e a’ tuoi lavori intendi,
alla spola, al pennecchio, e delle ancelle
veglia su l’opre; e a noi, quanti nascemmo
fra le dardanie mura, a me primiero
lascia i doveri dell’acerba guerra.
Poi raccoglie il suo elmo e se ne va verso il suo destino, mentre Andromaca, con in braccio il figlioletto Astiananatte, torna alla reggia, girandosi indietro e piangendo dolorosamente.
De Chirico, fin dal 1917, era rimasto affascinato da questo tema epico, realizzando diverse opere con i due personaggi omerici.
Ettore e Andromaca nelle opere di De Chirico sono due figure fuori del tempo, due manichini senza volto, simboleggianti il distacco straziante al momento dell'addio che ogni essere umano, purtroppo, è destinato a provare.
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