giovedì 21 ottobre 2021

"Chanson d'autumne" di Paul Verlaine 




Paul Verlaine , il poeta "maudit" , il capostipite dei poeti moderni, colui che scandalizzò la società del  tempo con la sua relazione con l'altro poeta "maudit" Arthur Rimbaud, in questa poesia ci fa assoporare tutto il fascino malinconico dell'autunno che evoca nostalgia, malinconia, tristezza per il tempo che fugge, per la natura che muore.




Autunno di Van Gogh


Chanson d'autumne fa parte della raccolta dei "Poèmes saturniens" del 1866, opera di gioventù di Verlaine, quando il poeta pensava di essere sotto l'influenza negativa di Saturno e quindi destinato a un futuro difficile.
L'autunno è il protagonista principale della poesia e il poeta si abbandona alla malinconia che la stagione che muore suscita nel suo cuore. Già all'inizio "Les sanglots longs" creano un clima di tristezza, i singhiozzi lunghi dei violini dell'autunno fanno pensare al vento cattivo che si porta via la giovinezza, alla natura che singhiozza perchè sta morendo.
Affannato e pallido ascolta  il rintocco della campana che gli fa ricordare giorni ormai lontani , perciò si abbandona al pianto .
Alla fine  stanco si lascia travolgere dal vento impetuoso, dalla vita che fugge via veloce, senza più combattere, come le  foglie secche portate via dalle folate di vento autunnale.

La poesia è stata musicata e cantata da chansonnier come Léo Ferré e Jacques Brel.

Chanson d'automne

Les sanglots longs
des violons
de l’automne
blessent mon cœur
d’une langueur
monotone.
 
Tout suffocant
et blême, quand
sonne l’heure,
je me souviens
des jours anciens
et je pleure.
 
Et je m’en vais
au vent mauvais
qui m’emporte
deçà, delà,
pareil à la
feuille morte.






Van Gogh



Monet - Autunno a Vetheuil

lunedì 4 ottobre 2021

Il cantico delle creature



Altissimu, onnipotente, bon Signore,
Tue so' le laude, la gloria
e l'honore et onne benedizione.
Ad Te solo, Altissimo, se konfane,
e nullu homo ène dignu Te mentovare.

Laudato si', mi' Signore,
cum tutte le Tue creature,
spezialmente messor lo frate Sole,
lo qual è iorno
et allumini noi per lui.
Et ellu è bellu e radiante
cum grande splendore:
de Te, Altissimo, porta significazione.

Laudato si', mi' Signore,
per sora Luna e le stelle:
in celu l'ai formate
clarite e preziose e belle.

Laudato si', mi' Signore,
per frate Vento
e per aere e nubilo
e sereno e onne tempo,
per lo quale a le Tue creature
dai sustentamento.

Laudato si', mi' Signore,
per sor'Acqua,
la quale è multo utile et humile
e preziosa e casta.

Laudato si', mi' Signore,
per frate Focu,
per lo quale ennallumini la notte:
et ello è bello e iocundo
e robustoso e forte.

Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra matre Terra,
la quale ne sustenta e governa,
e produce diversi frutti con coloriti fiori et herba.

Laudato si', mi' Signore,
per quelli ke perdonano per lo Tuo amore
e sostengo infirmitate e tribulazione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace,
ka da Te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si', mi' Signore,
per sora nostra Morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po' skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali;
beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no 'l farrà male.

Laudate e benedicete mi' Signore et rengraziate
e serviateli cum grande humilitate.



















Così scrive Papa Francesco nell'Enciclica "Laudato si" parlando del Cantico delle creature  e di Francesco che ha scelto come sua guida al momento della sua elezione al Pontificato.

" Non voglio procedere in questa Enciclica senza ricorrere a un esempio bello e motivante. Ho preso il suo nome come guida e come ispirazione nel momento della mia elezione a Vescovo di Roma. Credo che Francesco sia l’esempio per eccellenza della cura per ciò che è debole e di una ecologia integrale, vissuta con gioia e autenticità. E’ il santo patrono di tutti quelli che studiano e lavorano nel campo dell’ecologia, amato anche da molti che non sono cristiani. Egli manifestò un’attenzione particolare verso la creazione di Dio e verso i più poveri e abbandonati. Amava ed era amato per la sua gioia, la sua dedizione generosa, il suo cuore universale. Era un mistico e un pellegrino che viveva con semplicità e in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri, con la natura e con se stesso. In lui si riscontra fino a che punto sono inseparabili la preoccupazione per la natura, la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore."


Nella Lettera Apostolica "Candor lucis aeternae" in occasione del settimo centenario della morte di Dante, Papa Francesco  dedica una buona parte del testo alla figura di San Francesco. Così scrive il Santo Padre.


"Nell’XI canto del Paradiso tale consonanza appare in un nuovo aspetto, che li rende ancora più simili. La santità e la sapienza di Francesco spiccano proprio perché Dante, guardando dal cielo la nostra terra, scorge la grettezza di chi confida nei beni terreni: «O insensata cura de’ mortali, / quanto son difettivi silogismi / quei che ti fanno in basso batter l’ali!» (1-3). Tutta la storia o, meglio, la «mirabil vita» del santo è imperniata sul suo rapporto privilegiato con Madonna Povertà: «Ma perch’io non proceda troppo chiuso, / Francesco e Povertà per questi amanti / prendi oramai nel mio parlar diffuso» (73-75). Nel canto di San Francesco si ricordano i momenti salienti della sua vita, le sue prove, e infine l’evento in cui la sua conformità a Cristo, povero e crocifisso, trova l’estrema, divina conferma nell’impronta delle stimmate: «E per trovare a conversione acerba / troppo la gente e per non stare indarno, / redissi al frutto de l’italica erba, / nel crudo sasso intra Tevero e Arno / da Cristo prese l’ultimo sigillo, / che le sue membra due anni portarno» (103-108)."