Si nasce non soltanto per morire ma per camminare a lungo, con piedi che non conoscono dimora e vanno oltre ogni montagna. Alda Merini
venerdì 24 giugno 2011
JOHN FANTE: Rapimento in famiglia ed altri racconti
John Fante, scrittore americano di origini abruzzesi (suo padre era originario di Torricella Peligna in provincia di Chieti), nato a Denver nel 1909 e morto nel 1983, ha scritto numerosi romanzi. Il più famoso è "Chiedilo alla polvere" da cui è stato tratto anche un film.
Nel volume di racconti, lo scrittore torna indietro nel tempo, rivive la sua infanzia, l'adolescenza, i suoi anni giovanili, i rapporti molto difficili con il padre, la tenerezza e la pietà per la madre troppo presto invecchiata tra gli stenti e le fatiche, una madre paziente che sopporta rassegnata le stranezze di un marito oberato di lavoro e di preoccupazioni.
Oltre a fare un ritratto ora comico, ora struggente della sua famiglia , lo scrittore evoca la vita degli immigrati di prima generazione, la loro difficile integrazione in un paese che li emargina.
Lo scrittore adolescente mal sopporta le vessazioni dei suoi compagni e degli insegnanti e arriva al punto di rifiutare la sua origine italiana, tanto se ne vergogna.
Il racconto "Rapimento in famiglia " è tutto dedicato alla madre. Il ragazzo ha trovato in un baule una vecchia foto che ritrae la madre giovane, bella e quasi non la riconosce. Come ha potuto una donna così attraente diventare così? Una donna che lavora tanto con " le braccia molli, bianche come argilla disseccata, i capelli secchi e sottili incollati alla testa e gli occhi scavati, grandi e tristi".
Segretamente guarda e riguarda quella foto. " Che foto! Si vedeva lei seduta sul bracciolo della poltrona, in un abito bianco che le arrivava fino ai piedi.(...) Il cappello era il più grande che io avessi visto in vita mia. Le coronava le spalle come un parasole bianco, con l'orlo appena un pò ribassato, e le copriva tutti i capelli, a parte un ciuffo scuro che sbucava da dietro: si vedevano comunque gli occhi verdi e profondi, così grandi che nemmeno quel cappello poteva nasconderli. Fissavo quella strana fotografia, baciandola e piangendoci sopra, felice che un tempo fosse stata reale.(...) Mamma, però, era in cucina prigioniera di pentole e pignatte: una donna qualunque, non più la donna adorabile di quella foto".
Il ragazzo torna da scuola e vede la mamma in cucina. "In quei momenti ,la mamma che stava in cucina non era la mia mamma. Neanche a parlarne".
Non ricorda nulla della bellezza della madre e ne soffre e si chiede quand'è che la madre è cambiata e perchè. Come mai è invecchiata?
Un giorno mostra la foto al padre pensando di fargli piacere, di risvegliare in lui l'interesse per la donna che ha sposato, ma il padre lo scaccia via e lui quasi vorrebbe picchiarlo per la rabbia.
Il ragazzo perciò chiede alla madre di raccontargli come ha conosciuto il padre, come mai ha deciso di sposarlo , lei che aveva deciso di farsi suora e non aveva mai voluto conoscere altri uomini.
Insiste perchè la madre gli faccia un racconto un pò edulcorato in cui la figura del padre appare simile a quella di un cavaliere senza macchia e senza paura, per allontanare l'immagine di un uomo rozzo, abbrutito dalla sua fatica di muratore.
La madre lo accontenta raccontandogli una storia di rapimento in cui il genitore si comporta con galanteria e la conquista con un lungo corteggiamento.
Così si conclude il racconto "Era troppo per me. Troppo. Le gettai le braccia al collo e la baciai, e sulle mie labbra restò il sapore amaro delle lacrime".
Nonostante il rapporto difficile col padre, John Fante è rimasto molto legato alla famiglia, in particolare alla madre, per tutta la sua vita.
Poche settimane prima di morire , nel 1983, scrive :" Di me non c'è più niente, solo il ricordo di vecchie camere da letto, e il ciabattare di mia madre verso la cucina".
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