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sabato 24 febbraio 2018

Galleria Borghese : in mostra i capolavori del Bernini





Si è conclusa il 20 febbraio, presso la Galleria Borghese, la mostra dedicata ai capolavori di Gian Lorenzo Bernini, dalla produzione giovanile, insieme al padre Pietro, fino alle ultime della vecchiaia. Capolavori provenienti da tutti i musei del mondo che si sono aggiunti a quelli già da sempre presenti nella Galleria.

Opere di ispirazione cristiana ma anche mitologica come Apollo e Dafne, il ratto di Proserpina, Enea che fugge da Troia con il padre e il figlioletto, la capra Amaltea che allatta Giove bambino e altre ancora.

Gian Lorenzo Bernini, nato a Napoli nel 1598 e morto a Roma nel 1680, è stato un artista poliedrico, protagonista di rilievo del Barocco, scultore, urbanista, architetto, pittore e anche commediografo. Sin da giovane conobbe un grande successo, anche a livello europeo, e grande è stata l'influenza che ha esercitato sugli artisti del suo tempo e delle generazioni successive.

Appena ventenne Scipione Borghese gli affidò un primo lavoro e subito dopo, entusiasta del risultato, gli commissionò "Enea,Anchise e Ascanio" (1618-19),  "Il ratto di Proserpina" (1621-22), "Apollo e Dafne" (1622-25), il"David" (1623-24), opere che andarono ad abbellire la lussuosa villa
fuori Porta Pinciana.  Un'altra realizzazione di questo periodo fu il materasso per "L'Ermafrodita" nel 1620.

Bernini ha lasciato un'impronta indelebile nella Roma del 600, numerosissime le opere strabilianti che ha realizzato, dal porticato di Piazza San Pietro al Baldacchino della Basilica Vaticana, dalle Fontane di Piazza Navona a quelle del Tritone e delle Api, da Palazzo Barberini fino agli Angeli che adornano il Ponte Sant'Angelo, l'ultimo dei suoi capolavori. 
E come dimenticare "L'Estasi di Santa Teresa ",  "L'Estasi della Beata Ludovica Albertoni",  "La barcaccia " di Piazza Navona e i due magnifici Angeli che ornano l'altare di Santa Maria delle Fratte"?


Il ratto di Proserpina


Particolare del "Ratto di Proserpina"


Gian Lorenzo Bernini : autoritratto


Enea porta sulle spalle il padre Anchise


Particolare del piccolo Ascanio


Apollo e Dafne


Particolare di Apollo e Dafne


La capra Amaltea e Giove bambino


L'Ermafrodito


Anima beata


Anima dannata


Il cardinale Richelieu


San Sebastiano


 David


Particolare del David


Paolina Bonaparte


Particolare della statua raffigurante Paolina Bonaparte



Redemptor mundi



Crocifisso in bronzo


Il salone dei busti



sabato 27 febbraio 2016

VILLA CARLOTTA, uno scrigno d'arte sulle rive del lago di Como




Villa Carlotta a Tremezzo sul lago di Como, fu costruita alla fine del 1600 dal marchese Giorgio Clerici  per passare poi, dopo varie vicissitudini dinastiche, a Gianbattista Sommariva, uno degli uomini polici più influenti del periodo napoleonico.
Era sua ambizione diventare vice presidente della Repubblica Cisalpina ma gli fu preferito Francesco Melzi , suo grande rivale.
Deluso dalla politica, come rivincita sociale, decise di diventare collezionista d'arte e trasformò la villa di Tremezzo in un museo ricco di opere d'arte antiche e moderne, di pittura e scultura.
Dopo la sua morte la villa passò al figlio che, scomparso prematuramente senza eredi, lasciò il patrimonio alla moglie francese.
Nel 1844 la villa fu venduta alla principessa Marianna di Nassau, moglie del principe Alberto di Prussia. La coppia donò poi la proprietà alla figlia Carlotta in occasione delle sue nozze con il principe ereditario di Sassonia Meiningen, il duca Giorgio II.
Carlotta, donna colta  e amante d'arte e di musica  come il marito, morì prematuramente dopo quattro anni di matrimonio e tre figli, lasciando in eredità al marito Villa Carlotta.
Il duca si occupò sempre con molta cura della villa di Tremezzo e fu proprio lui, appassionato botanico, a realizzare lo splendido giardino che la circonda .


Villa Carlotta è una splendida meta per una visita che unisce arte  e natura, ma per il momento è opportuno concentrare l'attenzione solo sulla splendida collezione di opere d'arte collezionate, come già detto sopra, da Gianbattista Sommariva.

La collezione si trova al piano inferiore della villa, mentre al piano superiore troviamo gli appartamenti di Carlotta, con tutti gli arredi e gli oggetti a lei appartenuti.



Un abito appartenuto alla principessa Carlotta


 La sua sala da pranzo


 La sua camera da letto

La collezione del piano inferiore è ricca di opere d'arte che hanno fatto accorrere visitatori da tutta Europa,  non solo nell'800 ,ma anche ai nostri giorni. Ha suscitato la meraviglia di tutti i grandi viaggiatori del diciannovesimo secolo, da Sthendal a Flaubert a Mary Shelley.

Il palazzo stesso, con la sua magnifica posizione sul lago, la scenografica scalinata e il rigoglioso giardino ricco di tante specie botaniche che lo circonda suscitò l'ammirazione di tutti i visitatori dell'epoca, così come incanta con le sue meraviglie i visitatori di oggi, più frettolosi e meno esigenti  degli uomini di lettere di quel periodo.


L'opera più affascinante di questa collezione d'arte è sicuramente Amore e Psiche giacenti di Adelmo Tadolini. E' una replica della scultura commissionata dal principe russoYussupoff, oggi all'Hermitage, derivata dal modello originale che lo stesso Canova donò al suo allievo prediletto Tadolini. L'opera è stata realizzata, tranne che per le ali, da un unico blocco marmoreo e arrivò a Tremezzo nel 1834.

Lo scrittore francese Gustave Flaubert rimase affascinato dalla scultura e così ha scritto :"Sono ritornato più volte a Villa Carlotta e l'ultima ho abbracciato sotto l'ascella quella giovane distesa che tende verso Amore le sue lunghe braccia di marmo. E il piede! E la testa! E il profilo! Che mi si perdoni; questo è stato il mio unico bacio sensuale dopo molto tempo; ma è stato qualcosa di più. Ho abbracciato la Bellezza stessa."




La Musa Tersicore di Canova si trova nella Sala Gessi. E' un prezioso modello originale in gesso che conserva ancora le repère, cioè i chiodini usati come riferimento per trasferire le misure della scultura sul blocco marmoreo .


Palamede di Canova è stato realizzatra nel 1805 , si danneggiò durante un'inondazione del Tevere e fu restaurata dallo stesso scultore. Il trasferimento a Villa Carlotta avvenne nel 1819. Raffigura il figlio di Nauplio re dell'Eubea, che scoprì l'inganno di Ulisse che si fingeva pazzo per non partecipare alla guerra di Troia. In seguito lo stesso Ulisse lo fece uccidere accusandolo ingiustamente.








La Maddalena penitente della scuola del Canova è una copia coeva della Maddalena penitente dello scultore che Sommariva acquistò nel 1808. Si trova in una piccola stanza, in penombra e sapientemente illuminata, secondo le indicazioni del collezionista, per esaltarne la bellezza.

 

Venere e Marte di Luigi Acquisti, scultore che subì moltissimo l'influenza del Canova.  Fu acquisita dal Sommariva nel 1805 e si trova nel salone di marmo. Nella sala, si trova anche il bassorilievo imponente realizzato dallo scultore danese Bertel Thorsvalden "L'ingresso di Alessandro Magno a Babilonia". L'opera fu completata nel 1812 per la visita di Napoleone a Roma. L'imperatore ne ordinò una copia in marmo per il Pantheon di Parigi ma le vicissitudini politiche ne impedirono la realizzazione e Sommariva l'acquistò nel 1818. Il bassorilievo è composto da 13 lastre di marmo e lo scultore stesso e Sommariva vi sono raffigurati insieme al popolo babilonese.


 Virgilio legge il sesto canto dell'Eneide di Jean Baptiste Wecar. La tela fu commissionata al pittore francese dal Sommariva tramite l'amico Canova. Il collezionista vi si fa ritrarre nel personaggio di Mecenate, protettore delle arti, mentre il generale Agrippa ha le sembianze di Napoleone Bonaparte.


L'ultimo bacio di Romeo e Giulietta di Francesco Hayez , tra i più importanti dipinti della collezione, realizzato nel 1813, è il manifesto della pittura romantica italiana. Rappresenta i due sfortunati amanti veronesi nel momento in cui si scambiamo l'ultimo bacio alle prime luci dell'alba. Venne eseguito su commissione del Sommariva.


Visitare questo straordinario e inaspettato museo a Villa Carlotta  significa per il visitatore, anche per il più distratto, riconciliarsi con la propria anima e farsi sorprendere dalla grandiosità della nostra storia e della nostra arte che tutti ci  invidiano, significa, come fu per lo scrittore Flaubert, abbracciare la Bellezza stessa.

mercoledì 2 novembre 2011

KISS ME

















A proposito di baci, così scriveva il poeta latino Catullo nei famosi versi dedicati all'amata Lesbia :

Dammi mille baci, poi cento,
poi mille altri, poi ancora cento,
poi sempre altri mille, poi cento.
Poi, quando ne avrem fatti molte migliaia,
li mescoleremo, per non sapere,
o perché nessun malvagio possa invidiarli,
sapendo esserci tanti baci.

Prendere spunto da questi versi così appassionati mi rende più agevole trattare questo argomento del BACIO.
Scrivere su questo tema magari  a qualcuno può sembrare una stranezza...era così anche per me prima d'imbattermi in questo argomento ( nonostante la foto posta in bacheca, il famoso bacio all'hotel de ville di Doisneau)  !!!
Ma proprio da questa foto deriva questo mio desiderio di scrivere sui... BACI. Infatti, curiosando nella rete per trovare altre foto di questo fotografo, ho scoperto che il tema del bacio è molto più trattato di quanto  possa sembrare.
Sul bacio hanno scritto trattati, tesi di laurea,  allestito mostre fotografiche,  fatto studi  di ogni tipo. In un primo momento avevo collegato il bacio all'hotel de ville con un altro bacio celebre, quello di Times square (  il marinaio che abbraccia e bacia appassionatamente l'infermiera al ritorno dalla guerra in Europa ); poi ho pensato al film Baciami ancora e alla canzone colonna sonora del film cantata da Lorenzo Cherubini-Jovanotti; ho ricordato i celebri baci cinematografici, ad esempio quello tra Clark Gable e Vivien Leigh in Via col vento oppure la scena finale del film di Tornatore "Nuovo cinema paradiso" quando Salvatore, ormai adulto, ritrova, dopo la morte del suo amico, i fotogrammi dei baci che il prete censurava nei film in proiezione; ho ripensato a Catullo e ai baci che avrebbe voluto scambiare con la sua Lesbia, al bacio tra Breznev e  Honecker  dipinto sul muro di Berlino, al bacio tra Paolo e Francesca nell'Inferno di Dante, a quello tra Romeo e Giulietta, al Bacio di Hayez, ai 24.000 baci di Celentano, al bacio del professore Aiuti a una donna sieropositiva, al bacio di Rodin....un collegamento all'infinito !  

                                                                                        
Il bacio di Via col vento

Il bacio di Klint

Continuando a curiosare sul tema BACIO ho scoperto delle foto scattate da fotografi contemporanei, ad esempio quella dei due ragazzi che si baciano tranquillamente e appassionatamente durante gli scontri di Vancouver, oppure dei due giovani che fanno la stessa cosa durante i tafferugli di Atene...


Il bacio durante i disordini di Atene


Il bacio durante di disordini di Vancouver

Come si può constatare passo da un periodo all'altro della nostra storia e il BACIO è sempre presente: ne hanno parlato poeti e scrittori; pittori e scultori l'hanno rappresentato in tutti i modi e in tutte le epoche; cantanti e registi cinematografici hanno scritto, musicato, diretto opere importanti su questo tema; famosi antropologi, psicologi, lo stesso Freud, hanno studiato questa dolce espressione di sentimenti.
Ma a questo punto dobbiamo chiederci: quanti tipi di baci esistono?     innumerevoli :
il bacio appassionato, rubato, mai dato (quello di Cyrano all'amata Roxane), amichevole, materno,  traditore (quello di Giuda a Gesù), timido, violento, affettuoso, casto... il bacio tra i politici, tra i religiosi...e chi più ne ha più ne metta!


Ma che cos'è un bacio? si chiedeva Cyrano sotto il balcone di Roxane, dandosi questa risposta : "E' un apostrofo rosa tra le parole TI  AMO"
Ugo Foscolo nelle Ultime lettere di Jacopo Ortis, dopo il bacio con l'amata Teresa scrive così :
«Sì, ho baciato Teresa! I fiori e le piante esalavano in quel momento un odore soave, le aure erano tutte armonia, i  rivi risuonavano da lontano e tutte le cose s’abbellivano allo splendore della luna».
Romanticamente , la natura nella sua totalità, partecipa a questa emozione così forte e irripetibile, piante , fiori, aria, ruscelli, tutta la natura illuminata dello splendore della luna.

Ma com'è nato il primo bacio?
Erri De Luca nel suo libro "E disse" parlando del primo uomo e della prima donna , soli nella prima notte dell'umanità, così poeticamente scrive : "E che notte la prima: non erano stati bambini, l'amore fu il primo dei giochi. Passarono dalle risate al solletico, alla concentrazione di frugarsi. Mentre si strofinavano felici si urtarono le labbra. Stupiti si scansarono, poi le riaccostarono. si chiusero gli occhi da soli, la vista e tutti i sensi accorsero alla bocca. Nacque per accidente allegro il primo bacio. Al termine del gioco erano arrivati al bacio mille".
Molti antropologi si sono chiesti come sia nato il bacio, dandosi risposte più o meno convincenti, io penso che questa sia la spiegazione , la più poetica e affascinante di tutte.

Dai mille baci di Catullo e Lesbia siamo arrivati ai mille baci di Adamo e Eva, passando idealmente attraverso innumerevoli espressioni  artistiche che nel corso della storia dell'umanità hanno cercato di interpretare questa profonda emozione dell'anima, espressione di tanti sentimenti, sentimenti d'amore , di amicicizia, di gioia, di dolore ma anche di tradimento. 
Potrei citare tanti altri poeti e scrittori ma non posso assolutamente non ricordare, per concludere, il  sommo poeta Dante che nel canto dell'Inferno dedica a Paolo e Francesca questi celebri versi:

Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fiate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante».




Ingres - Paolo e Francesca

Quanto scritto finora non esaurisce affatto l'argomento,si potrebbero scrivere fiumi di parole, mostrare migliaia di foto, di video, riportare centinaia di versi.
Per concludere , voilà, il bacio dello scultore francese Auguste Rodin, come sintesi di quanto si è cercato, indegnamente, di comunicare con questo breve excursus nel fascinoso e misterioso mondo del bacio.










































sabato 6 agosto 2011

Castel del monte (Andria) - Mostra di Giorgio De Chirico "Il labirinto dell'anima"



La splendida cornice di Castel del monte, provincia di Andria in Puglia, accoglie fino al 28 agosto la mostra di De Chirico "Il labirinto dell'anima".
Giorgio De Chirico, nato in Grecia nel 1888 da un'agiata famiglia e morto a Roma nel 1978, è stato il principale esponente della pittura metafisica.
Il termine "metafisico" fu coniato dallo scrittore francese Apollinaire che aveva recensito una sua mostra a Parigi.
De Chirico è stato anche scultore, incisore, scenografo e scrittore. Grande esponente della cultura italiana del 900, il pittore  ha  festeggiato i suoi 90 anni  in Campidoglio alla presenza delle più alte autorità dello stato.







Nelle quattro sale del piano terra e nel cortile ottogonale del castello sono esposti 17 dipinti e tre sculture.
Il castello,( la cui funzione è, ancora oggi, avvolta nel mistero), è affascinante e enigmatico, il luogo ideale per accogliere questi capolavori del pittore "metafisico", sempre alla ricerca della conoscenza in un mondo in cui l'uomo è solo un " manichino ". Il manichino è simbolo dell'uomo automa contemporaneo e a De Chirico fu ispirato dal dramma scritto dal fratello "L'uomo senza volto". Il manichino rappresenta la devitalizzazione, è una forma presa dalla vita ma di vita è assolutamente priva.
I manichini di De Chirico sono privi di movimento, congelati in forme geometriche, senza tempo.
Tra le opere esposte si possono ammirare olii quali Il ritorno di Ulisse, Piazza d'Italia, La torre, La tristezza di primavera, Il poeta e il pittore.
Nel cortile ottogonale è esposta anche  la statua bronzea "L'abbraccio di Ettore e Andromaca", alta 2 metri e 30 centimetri.








La monumentale scultura è un esemplare di recente fusione fatta realizzare dalla fondazione De Chirico in due copie.
La composizione riproduce  un modello in gesso realizzato dal pittore nel 1966.
La scultura è composta da due manichini dechirichiani, ma ormai del tutto umanizzati, teneramente avvinti in un ultimo disperato abbraccio, l'ultimo addio tra due sposi che si amano e che sanno che il fato inevitabilmente li dividerà.
La scultura affascina il visitatore che sente tutta la drammaticità dell'abbraccio angosciato di Andromaca al marito Ettore, armato di tutto punto per affrontare in duello Achille, al quale ha ucciso in battaglia l'amico Patroclo.
Ammirando questo capolavoro non si può non ricordare i versi di Omero nell'Iliade, quando descrive appunto questo addio che ha fatto commuovere generazioni di studenti.

Ecco le parole che Omero mette sulle labbra di Andromaca che, dopo aver ricordato le sciagure che gli Achei hanno inflitto alla sua famiglia, così dice :

Or mi resti tu solo, Ettore caro,
tu padre mio, tu madre, tu fratello,
tu florido marito. Deh! abbi dunque
di me pietade, e qui rimanti meco,
a questa torre, nè voler che sia
vedova la consorte, orfano il figlio.

aaedova la consorte, orfano il figlioOr mi resti tu solo, Ettore caru padre mio, tu madre, tu fratelloflorido marito. Abbi deh! dunquedi me pietade, e qui rimanti mea questa torre, né voler che siavedovaonsortefano ifiglio
Lo sfogo della donna è lungo e pieno di angoscia e alla fine Ettore impietosito la guarda con tenerezza  e dolore e l'accarezza con queste parole:

Oh!  diletta mia, ti prego; oltre misura
non attristarti a mia cagion. Nessuno,
se il mio punto fatal non giunse ancora,
spingerammi a Pluton: ma nullo al mondo,
sia vil, sia forte, si sottragge al fato.
Or ti rincasa, e a’ tuoi lavori intendi,
alla spola, al pennecchio, e delle ancelle
veglia su l’opre; e a noi, quanti nascemmo
fra le dardanie mura, a me primiero
lascia i doveri dell’acerba guerra.

Poi raccoglie il suo elmo e se ne va verso il suo destino, mentre Andromaca, con in braccio il figlioletto Astiananatte, torna alla  reggia, girandosi indietro e piangendo dolorosamente. 

De Chirico, fin dal 1917, era rimasto affascinato da questo tema epico, realizzando diverse opere con i due personaggi omerici.
Ettore e Andromaca nelle opere di De Chirico sono due figure fuori del tempo, due manichini senza volto, simboleggianti il distacco straziante al momento dell'addio che ogni essere umano, purtroppo, è destinato a provare.